sabato 24 settembre 2016

Pasolini e Calvino: due opposti don Chisciotte

 Ipocrisie
 da Ultima  Thule
         di Matteo Tassinari
Lo so. Pier Paolo Pasolini non è argomento attraente per un blog. Ma trovo così eccezionali e pieni i suoi documenti, le sue testimonianze a noi arrivate, che molto semplicemente desidero aumentare le occasioni d’incontro con lo scrittore friulano. Con Italo Calvino, che era un poco come Nicodemo nel Vangelo, lo Scriba interessato realmente al Cristo Vivente (senza per questo, per carità, paragonare Pasolini a Colui che E') incontrava Pasolini in posti appartati, dove l'apparato non lo vedesse.
Laurence  Olivier è Nicodemo
Non posso più credere alla rivoluzione, ma non posso non stare dalla parte dei giovani che si battono per essa. È già un'illusione scrivere poesia, eppure continuo a scriverne, pure se per me la poesia non è più quel meraviglioso mito classico che ha esaltato la mia adolescenza. Non credo più nella dialettica e nella contraddizione, ma alle pure opposizioni. Tuttavia sono sempre più affascinato da quell'alleanza esemplare che si compie nei santi, come san Paolo, fra vita attiva e vita contemplativa. 
   Tomba del capitalismo o evoluzione del sistema?
Finché perdura il sistema che si combatte (nella specie, il sistema capitalistico) esso non va considerato il male, perché anche sotto di esso c'è la realtà, ossia Dio. Infatti la realtà è infinitamente più estesa del sistema, ma il sistema è infinitamente più esteso di noi: e quindi, come il sistema non coprirà mai tutta la vita, noi non potremo mai giungere ai confini del sistema e scavalcarlo".
Amate   questo corpo
A tappe pubblicherò alcuni suoi scritti, in modo leggero, come grafica intendo, il resto è musica dello scrittore e intellettuale. Menabò accattivante, il resto è in mano alle vostre coscienze e responsabilità, alle vostre elementari ipocrisie come a tutte quelle particelle innocue che si presentano come Ultima Thule, per dirla con Guccini. Per la miseria, a scrivere vengono fuori abbinamenti che non avresti mai neppure immaginato, che acido positivo. Ma questa è una non banale considerazione personale, che ha tutto e nulla a che vedere con Pasolini e Calvino. Lo faccio per mettere il mio nome vicino a quello di grandi che amo. SCHERZO! Non sono così imbecille come pensate. Il fatto, è che li amo, perché, soprattutto Pasolini, non c'è più neppure l'ombra di personaggi come loro, in Italia. "La Resistenza e il Movimento Studentesco sono le due uniche esperienze democratico-rivoluzionarie del popolo italiano. Intorno c'è silenzio e deserto: il qualunquismo, la degenerazione statalistica, le orrende tradizioni sabaude, borboniche, papaline".
 Intorno       c'è
silenzio           e deserto
Scrisse in un suo libro, il passaggio seguente che qualche cosa che torna farti vivere quel senso d'infinito, che solo da bambino si può provare: "Amo ferocemente, disperatamente la vita. E credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine. Amo il sole, l'erba, la gioventù. L'amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile.
 Come finirà tutto ciò? Lo ignoro! M'interssa solo ciò che potro realizzare". Potremmo dire, recuperando uno stilema dantesco, che Pasolini non riesce a essere ben tetragono ai colpi di ventura. E' un uomo che vede il suo mondo cambiare e perdersi giorno dopo giorno.

Houellebecqellebelbelche
Ma neanche in Francia, e non mi parlate di heleeelloochebecchcchkhch, si... il signore appena qui sotto, c'è l'ha a morte con le donne ed è proprio pazzo. Un Donald Trump, anarchico-monarchico, coi capelli similari, coinvolto nel movimento anglosassone detto di Anticipazione sociale. Poi scopre Howard Phillips Lovecraft e non ci capisce un cazzo, però dice alla stampa: "Morire non mi spaventa. Non credo più nella vita. Se muoio ora va bene". Quindi?
Il        coagulamento dei
saperi e degli       odori
Michel Houellebecq, "scrittore merce"
Per questo partorirà l’obbrobrio "Sottomissione" dove Houellebecq, ("autore-merce") che finisce per identificarsi con il personaggio del romanzo, quel François senza gioie né passioni, privo di vita vera. Ha letteralmente spaccato la Francia in due. I giornali si sono riempiti di recensioni, editoriali, fondi redazionali, interviste. Ognuno ha dichiarato agli altri da quale parte stava, con o contro Houellebecq, ma il suo vero nome è un banalissimo Michel Thomas. La trasformazione di eventi letterari in fatti sociali e politici è senz'altro vecchia tradizione francese, per decenni, s'è auto-relegata col suffisso aggettivale "Querelle". Nel caso di Sottomissione, si arriva ad una raffinatezza estrema nella confusione, perché ciò che 'Hollechbechchecbecholchbech', a cui piace maldestramente giocare con il destino dei suoi personaggi, come credo in un suo senso acuto di misoginia che personalmente me lo toglie dal panorama dei "preferiti", in automatico, un reset spontaneo e senza preservativo. Olè! Slacccc... Sempre sul modello di Huysmans, 'Hollechbechchecbecholchbech', torna a scrivere (ed odorare) producendo un vortice di noia abissale, senso del vuoto insopportabile, per cui torniamo al florilegio fra Pasolini e Calvino e vada fino in fondo alle sue autentiche paranoie da francese, tra il "gagaismo" e il "clochardismo", nuovo filone su cui s'erge a mentore lo "scrittore merce" che tiene la sigaretta con le dita centrali. Lui è uno scrittore, per di più maledetto... che je voi dì? 
Michel Houellebecq
Perché quel che ha detto e scritto Pier Paolo Pasolini, condividendone pure la punteggiatura, mi pare oggi così assente, quella sana aggressività, per ritrovarci con degli Sgarbi innaturali e impropri assolutamente privi di spessore, credenziali e soprattutto, la vera passione, l'idem sentire, "il coagulamento dei saperi", come definiva Pasolini la cultura condivisa. Probabilmente spendo parte del mio tempo perché avverto la mancanza di un intellettuale come lui, con la stesso livello di attendibilità, lo stesso spessore, lo stesse vibrazioi.
I nuovi valori consumistici, sempre secondo per Pier Paolo Pasolini, prevedono infatti il laicismo, la tolleranza e l’edonismo più scatenato, tale da ridicolizzare risparmio, previdenza, rispettabilità, pudore, ritegno e tutti i vecchi buoni sentimenti che hanno devastato un Paese. "Quell'Italia che non ha avuto una grande destra perché non ha avuto una cultura capace di esprimerla. Essa ha potuto esprimere solo quella rozza, ridicola, feroce destra che è il fascismo".
Calvino? Un magnifico scrittore minoritario. Pasolini? Un eccelso scrittore straziato. Entrambi dogmatici, seppur in modi diversi e modus operandi diversi. Entrambi tra i più influenti e ascoltati intellettuali della seconda metà del secolo, la cui ombra si dipana oggi in uno sconfinato declino, senza un finale di pensiero, con un avvio promettente però. Ammirarli e denigrarli sono due facce di un’unica sensibilità e passione politica. L'identico cristallino con cui denunciava in modo preciso e puntuale i misfatti del Palazzo, a lui, Pasolini, che si deve il conio di questo termine che non gode di una buona accezione semantica. Come non vedere in Pier Paolo Pasolini una sorta di cavaliere errante De La Mancha, un Miguel Cervantes don chisciottesco, un Leonard Cohen, perché no?
 Per ultimo,     arriva
sempre      il corvo 
La potenza   della convinzione
Qui in polemica con un certo tipo d’intellettuale di sinistra, stabile e strutturale al Palazzo, e all' all'opposizione, (scriveva Pasolini ad Italo Calvino) certamente minore di quello spessore rivoluzionario e visionario che portava in se dovunque lo scrittore friulano. Al tempo, Calvino era molto, troppo, irrigidimentato nelle strutture della politica di "sinistra" o "berlingueriana", anche se Pasolini ammirava molto l'esperienza partigiana alla base del suo primo romanzo, "Il sentiero dei nidi di ragno" e della raccolta di racconti "Ultimo viene il corvo". Aspetto da non sottovalutare, in quanto si respirava comunque in ogni pagina il suo grande rancore verso quei partigiani che gli uccisero il fratello e non riuscì mai nella vita a riconoscere i meriti (tantissimi) de Partigiani. Ma non per questo è in colpa! 
Il clima era quello tipicamente fascista, secondo i luoghi comuni del Paese d'allora, l'idea che parlare di politica criticamente, sia un infame vizio da fannulloni disfattisti e nichilisti qualunquisti. Per fortuna, ci sono piccoli spazi dove lo scontro politico, non può contaminare nessuno, ma non sono sufficienti per poter affrontare le troike soprattutto di sinistra che impediscono uno sviluppo armonioso del Paese. Nonostante lo stile neorealistico di questi romanzi giovanili, profondamente differente da quello del Calvino maturo e della cultura politicizzata, sia pure allo stadio embrionale, da alcuni elementi che caratterizzeranno la dimensione fantastica e la visione dal punto di vista del narratore, in questo caso gli occhi di un bambino.                                                                                                                                                         (M.T.)
Italo Calvino
(Santiago La Habana, 15 ottobre 1923 – Siena, 19 settembre 1985)

venerdì 16 settembre 2016

Pasolini: "Frocio e basta!"

 Dove si consuma l'infido
Pasolini non perdonò mai i partigiani che

ammazzarono il fratello
        di Matteo Tassinari
“Se l’era cercata”, commenta Giulio Andreotti alla rivelazione sulla morte di Pier Paolo Pasolini, le stesse parole che usò per la morte dell'avvocato milanese Giorgio Ambrosoli: "Se l'è cercata!", che strano... Ma ci sono nuovi elementi che nuovi non sono più, eppure sono lì, chiari come il sole e nessuno fa due più due uguale quattro. Il sospetto che non sia stato Pino Pelosi, unico condannato per l’omicidio, è avvalorato anche dal grande amico di PPP, Sergio Citti.
Anche l’amico Enzo Siciliano si domanda: "qual è quel fetuso comunista che Pelosi, nella terribile notte dell’omicidio, sostiene di aver ascoltato". Nei famosi "Scritti Corsari” sul Corriere della Sera lo scrittore friulano era sempre impegnato contro l’oppressione comunista, soprattutto in Romagna. Ma non si lasciava tentare dall'avventura dell’impegno politico. Nei suoi scritti non c’è via d’uscita da una condizione soffocante.
La    "macchina
fagocitatrice"
Non riconosce alla sinistra alcuna intenzione d’infrangere l’omertà, suo potentissimo atteggiamento di fronte alla politica italiana, se non il servirsene a fini di propagandistici. Non era certo il personaggio capace a stare in cerchio con altri simili che all'unisono cantano la stessa messa. Lui voleva e doveva essere isolato, perché solo così trovava la rabbia per fare quello che voleva senza condizionamenti.
Il corpo di Pasolini dopo il massacro della notte tra il 1° e il 2° novembre 1975


Moravia:Figura centrale
dell'attuale cultura”
Era un uomo di pensiero, certo, ma semplicemente libero e a quegli anni, essere liberi intellettualmente, non era semplice, perché più di oggi la cosiddetta "macchina fagocitatrice" d'ideali propri, era, forse, più divoratrice e feroce. All'annuncio tragico della morte di Pasolini, Alberto Moravia disse: “La sua fine è stata al tempo stesso simile alla sua opera e dissimile da lui. Simile perché egli ne aveva già descritto, nella sua opera, le modalità squallide e atroci, dissimile perché egli non era uno dei suoi personaggi, bensì una figura centrale della nostra cultura, un poeta che aveva segnato un’epoca, un regista geniale, un saggista inesauribile”.
 Un "frocio" al martirio 
Il modo più naturale per screditare l'immagine di Pasolini, era la chiacchiera sulla sua omosessualità e direi che non c'è cosa più odiosa di questo tipo di trattamento da parte dei coetanei, colleghi o amici. Pasolini, umanamente, soffrì troppo, forse era destinato proprio a questo. Certe persone, questa vocazione direi al "martirio", è innata e non mi metto certo a fare degli esempi per suffragare e poggiare il mio pensiero in proposito. "Provo grande pena, sorella del disprezzo, quando un uomo politico democristiano tenta di fare come Anteo che recuperava le forze cadendo sulla terra, e cioè si rifà alla tradizione ideologica (?) democristiana, rispolverando con venerazione De Gasperi. Ma De Gasperi politicamente non era nessuno", secondo Pasolini.

“Siluramento”
post mortem 
Quello che scrivo adesso e che voi ora leggete, è stato scritto in tante altre occasioni ed in tante chiose diverse, eppure nessuno ha mai voluto o saputo andare a fondo nelle indagini che le avrebbe sapute leggere anche un'analfabeta corsicano. Non è difficile immaginare il perché del “siluramento” post mortem di Pasolini in una sinistra che ha sempre posto il burocrate, il partito forte e che viene da lontano e non si sa dove vada, il funzionario, l’intellettuale “organico” al di sopra dell’umanità.
Pier Paolo non perdonò mai i partigiani che uccisero a Porzus, che consistette nell'uccisione fra il 7 e il 18 febbraio del 1945, di diciassette partigiani della Brigata Osoppo, formazione di orientamento cattolico e laico-socialista, il fratello, partigiano senza colore.
Il sentiero
dei nidi di ragno
La subordinazione della letteratura alla politica comunista berlingueriana, è stata la piaga italiana della sinistra di questi ultimi dannosi tempi. In “Petrolio”, uscito postumo, Pasolini dimostra come il Pci abbia approfittato largamente, per ragioni decorative ed esteriori, dei “librieri” italiani (gli scrittori sono un’altra cosa). Nel bel libro “Pasolini contro Calvino” (Bollati Boringhieri), Carla Benedetti, docente all’Università di Pisa, spiega come all’impegno reclamato dal Pci, l’autore del “Sentiero dei nidi di ragno” e del “Barone rampante” si sia adattato lasciandosi sbandierare quale fonte di grande orgoglio del partito comunista.
 “Hai torto.
La pagherai”
Allorché apparve il libro di Carla Benedetti, Ferdinando Camon scrisse sulla Stampa: “credo che la Benedetti dica cose giuste, ma troppo presto…l’etica dominante ha una sua idea della letteratura… Cara Benedetti domani avrai ragione. Oggi hai torto. E la pagherai”. Qual è la colpa di Pasolini? Di aver scritto: “Il rischio della impopolarità, fa più paura nell'intellettuale italiano del vecchio rischio della verità” da “Petrolio”, edito dopo il macabro assassino di Pier Paolo Pasolini da organi deviati dello Stato italiano, che si sono serviti della malavita organizzata, politica sensibile al malaffare e Servizi.
Sapeva della sua morte

Il corpo di Pier Paolo Pasolini prima dell'autopsia

Quel... "Io so"
Ancora: adattandosi alla propria denigrazione, l’intellettuale è insieme incarnazione di un bisogno inestinguibile di cambiamento…”. Pasolini sapeva che dopo la morte, forse cercata, le catene d’oro delle quali fu caricato dagli “strumentalizzatori” politici gli sarebbero rimaste addosso per trascinarlo al fondo dell’oblio fino allo sfinimento. Lo scrittore non sapeva fare “economia” della verità.
Il "fetuso comunista"
Al momento della morte, nella quale Pelosi si dichiara estraneo, una presenza curiosa, ricordata da Enzo Siciliano, è stata quel “fetuso comunista” con accento siciliano. Presenza che lascia supporre che l’incarico di uccidere Pasolini sia stato assegnato forse alla mafia da poteri indispettiti dagli scritti “Corsari” ormeggiati nella stampa confindustriale: 
"Amo ferocemente, disperatamente la vita - scriveva Pasolini - e credo che questa ferocia, questa disperazione mi porteranno alla fine di tutto. Amo il sole, l'erba, la gioventù, la passione agli ideali. L'amore per la vita è divenuto per me un vizio più micidiale della cocaina, nulla ha più senso di ciò. Io divoro la mia esistenza con un appetito insaziabile, famelico, inappagabile e inappagato.
Dripping su Pasolini
Come finirà tutto ciò? Lo ignoro, e francamente non m'interessa", è la conclusione di un post che cadrà nel già tanto e troppo materiale accumulato nei decenni a cui nessuno sembra essere interessato e i motivi si capiscono. Eppure è stato il più grande intellettuale italiano del secolo scorso, l'unico che nell'Italietta degli anni '70 di "Calvino", aveva il coraggio di andare contro i poteri forti, le Consociate e le Multinazionali e le loro attività utili al firmamento alto della globalizzazione assassina, crudele e indifferente a tutto. Il tempo è come la macina del frantoio dell'olio d'oliva. Passa e schiaccia, frammenta e sminuzza ogni osso e polpa, creando un'amalgama informe e senza senso, privo di ogni fondamenta se non quella della corruzione che Pasolini considerava il male di quella società e anche di questa. 
"Bella gente". Eugenio Cefis assieme a Gianni Agnelli
Chissà cos'altro direbbe oggi. Col suo assassinio voluto fortemente da Eugenio Cefis, all'epoca dirigente d'azienda e imprenditore italiano, consigliere dell'AGIP, presidente dell'ENI e di Montedison. Per il suo ruolo nella loggia massonica P2 e i forti sospetti avanzati da Mauro de Mauro e Pier Paolo Pasolini su un suo coinvolgimento nell'attentato a Enrico Mattei, cui succedette come Presidente dell'ENI, è una delle figure più controverse dell'ambiente imprenditoriale italiano. La macchina "fetusa" del fango vinse ancora.

domenica 24 aprile 2016

400 anni contro il lavoro gratuito

DON CHISCIOTTE E SANCHO PANZA
400 ANNI CONTRO
IL LAVORO GRATUITO
di Giuseppe Allegri e Roberto Ciccarelli* 
Nelle pieghe delle mille umane, troppo umane, avventure narrate da Miguel de Cervantes troviamo, certo non a caso, l'universale condizione dell'essere umano nel suo perenne oscillare tra solitaria affermazione individuale di uno spirito libero, indomita perseveranza, muta condiscendenza alla subordinazione, urgenza di riparare tutti i torti, visionaria vocazione all'intrapresa individuale e collettiva, speranza in una qualche sicurezza, subìta propensione al lavoro salariato, aspirazione, sempre sofferta, all'indipendenza individuale e alla ricchezza comune. 
 Una vita condotta in due
La vita tra operoso sogno ad occhi aperti, volonterosa individualità, condivisa passione esistenziale, imprevedibile progettualità temporale, ieratica e sfaccendata erranza.
Per giunta una vita condotta in due, cambiando continuamente i ruoli di maestro e discepolo, servo e padrone, sapiente e ignorante, cavaliere e scudiero, folle e saggio, stolto e intelligente, subordinato e freelance, ma per sempre da fratelli, ingegnosi e temibili, che condividono il proprio destino, nella sventura e nella gioia. Fino a che “l'opposizione dei due modelli è coronata dall'identificazione: insomma nella donchisciottizzazione di Sancho e, per paradosso, nella sancizzazione di don Chisciotte”. E una risata continua, che attraversa ogni pagina e corrode tutte le certezze.
 La donchisciottizzazione di Sancho e viceversa
Allora qui ci si limita a nominare una condizione, che proprio dal rapporto tra il Cavaliere dalla Trista Figura e il suo fido scudiero – don Chisciotte e Sancho Panza – arriva a noi. In un cortocircuito temporale che lega le forme di vita e di lavoro tra la rude, eppure paternalistica, materialità dei servigi nell'antico regime feudale e il pervasivo, astrattamente creativo, lavoro cognitivo al tempo del capitalismo finanziario.
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Marina Donato, Selacapo: "La furia dei cervelli: noi siamo il quinto stato": "Ci sono libri che pervadono, che agitano gli animi, che costituiscono un movimento per le coscienze umane: libri che ti fanno vivere la tua vita e la realtà  da protagonista e non da spettatore passivo. Libri trasparenti perché veri. É questo è il caso della “Furia dei Cervelli”, un libro, un fenomeno, un movimento".

Economia politica      della
promessa
Per la sua attività di scudiero il contadino Sancho Panza ricevette la solenne promessa del suo cavaliere errante. Gli diceva, fra l'altro, don Chisciotte che si disponesse di buon animo a accompagnarlo, perché, chissà, poteva capitargli qualche avventura mercé la quale, in quattro e quattr'otto, poteva conquistare un'isola e lasciarci lui come governatore. Con queste e altre promesse del genere, Sancho Panza, poiché così si chiamava il contadino, lasciò sua moglie e i suoi figli e entrò scudiero del suo compaesano.

Don Chisciotte, freelance
per antonomasia
Ecco l'“economia politica della promessa”. E in prima battuta si promette “qualche avventura”, in virtù delle quali, in prospettiva, ottenere un'isola e, soprattutto, il suo governo. E a fare questa promessa è il visionario, cavaliere solitario, freelance per antonomasia, don Chisciotte, che così riesce ad arruolare Sancho Panza come suo scudiero.
 “Lancia libera”,
free-lance
ilaria
È qui che si inaugura la più sottile, invasiva, eppure vitale e duratura relazione lavorativa: un rapporto di lavoro tra il datore-committente che in questo caso è l'esempio più fulgido dell'indipendente “lancia libera”, free-lance e il suo collaboratore, assistente, a tratti verboso, sempliciotto e impacciato consulente, altre goffo, testardo e pragmatico servitore.

 AMOR       IERATICO 
Il nobile imprenditore di se stesso coinvolge il suo fidato assistente nell'impresa personale, eppure condivisa, di accedere all'errante cavalleria: l'uno come cavaliere armato di mal congegnata celata, scudo e lancia, l'altro come suo buon scudiero. La vera spinta propulsiva a mettersi insieme nell’intrapresa è riscattare le proprie, stanziali, misere esistenze, aprendosi al mondo, mettendosi in movimento per ripararne i torti e far parte dei cavalieri erranti e del loro seguito. L'obiettivo – la missione – di elevarsi a condizioni esistenziali altrimenti irraggiungibili, è la molla che spinge all'azione e tiene uniti questi due ieratici fratelli, nella buona e nella cattiva sorte.

http://furiacervelli.blogspot.it/

venerdì 25 marzo 2016

Notti d'ospedale

Di notte,
il dolore       è più gonfio
       

Il sonno è un grande  alleato per un malato
        di Matteo Tassinari
Alle due di notte fisso il soffitto e ascolto i lamenti dei malati che riempiono le stanze. Il mio amico di camera dorme di un sonno stanco e gravoso da sopportare. Lo guardo e vedo un bagliore di luce, nel caso che qualcuno dovesse andare in bagno. E penso: lui adesso non c'è, quindi non esiste, neppure la sua malattia, quindi il sonno è annientamento del dolore. Dormire è come scomparire. Le cose non è che svaniscano, si tramutano. Spesso in visoni oniriche, ma per quel che mi basta, mi va bene anche così. Dormire è uccidere le proprie dolenze, fitte, e dolori alle ossa. Dormire è stare in silenzio per un poco pensando a come sarà. Diventa il privilegio dei sentimenti, il dormire. Ogni dispiacere s'eclissa, l'angoscia si dissolve in qualche atollo satollo privo di controllo, come un pollo col torcicollo senza scavezzacollo. Certo, non è uno stato di gioia e non si può parlare di perfetta letizia, rimane pur sempre tristezza e tormento, ma il sonno (i sogni non li ricordo mai) è un grande alleato per un malato. Un anonimo ha scritto:"La sofferenza è un'istante la bellezza della vita, è infinita". Buona guarigione, allora. Ma io non posso migliorare, posso solo peggiorare.
E allora, con la forza di mille agonie, cerchi, ti sforzi, scoreggi, dai di vomito, pensi che il dolore è un dono di Dio che ti vuol  fa capire questioni che altrimenti avrei ignorato, vivendo una vita approssimativa ed epidermica, costituita su di un livello troppo superficiale, a me non sarebbe bastato. Il Mistero della vita, non è più un quesito apocalittico, una domanda confusa, babelica, fumosa, appannata, insipida. Il suo profumo, ora, è una delizia al culmine della sua bellezza, perché non ho trovato risposte certe ma speranze vive, se nonchè ignorate. Il dolore è l'apice della sapienza e dei saperi autentici. 
E' difficile capire il supplizio di un volto che recita un malato di aids in un ottimo film, l'avverti e lo senti fino in fondo, fino a poter capire che l'accrescere il proprio sapere, equivale, aumenta il dolore. Ve l'assicuro come'è vero che dopo vorrei parlarvi di ravanelli. Tanto sono tutti bravissimi nel saper offrire consigli al dolore che non provano, ognuno ha la pretesa di soffrire molto più di tutti e magari sta benissimo, evidenziando un "cancro" trasversale: tra gli animali, l’uomo è il più crudele. È l’unico a infliggere dolore per il piacere di farlo.





La malattia, è il business più grande 
della nostra macro-economia

Ma la notte abbonda  
la sua consistenza desolante con le sue freddezze e scheletriche immaginazioni. Tutto quel che ci circonda si dilata proprio quando un gemito si fa spazio fra i corridoi illuminati a neon spenti, gremendo spazi vuoti dove corrono le emergenze, perché è di notte che il tormento alza il volume dell'odissea e di notte il calvario fa più paura, non so perché.... Non so quanto tempo passa, che avverto l’amicizia del water. La prostata fa il suo lavoro, mentre impiego qualche minuto per arrivare ad espellere l’ultima goccia possibile d’urina dalla vescica, un lavoro assai impietoso per quello che m'invento di fare per raggiungere lo stimolo e espellere un poco di liquidi.
 Non si scappa
Questi sono gli orgasmi rimasti in un periodo affannoso per quanto difficoltoso. Ma la notte in ospedale non scema affatto le sue mestizie, semmai le aggrava, le allarga fino ai ponti dell'acutizzazione di ogni singola particella corporea malata rafforzando la pressione che il dolore complessivo provoca. La rafforza, l'ingrossa, l'addiziona, l'incrementa senza alcuna spiegazione se non vacua. A volte penso: chissà come moriva la gente prima dell’invenzione di tante malattie? Mi accontento del pensiero di Louis Pasteur: "Noi beviamo, mangiamo o respiriamo il 90 per cento delle nostre malattie". Ha ragione, non si scappa.
Sono le tre...

Quando parte imperturbabile il prurito mai domo su tutto il tessuto corporeo dovuto ad una forma di Vasculite a causa della riattivazione del sangue, prendo la spazzola comprata in ferramenta con setole coriacee per assicurarmi un deciso quarto d’ora di pace pur sapendo che un quarto d’ora dopo il prurito tornerà presentandosi con forme di bruciore e prurito. Il sangue, come saprete, va dovunque. Il corpo intero è interessato, dunque.
Gli piace così, girare a zonzo, da una vena a un'arteria, da un tessuto ai suoi vasi. Solo che grattarsi al centro della schiena, bisogna essere artisti autentici e io ci riesco perché ho le braccia lunghe e la schiena pure, per una lunghezza di 185 cm. La stamina viaggia dappertutto alla stessa velocità di una qualsiasi connessione Internet senza intoppi. È la vita. A volte credi che due occhi ti guardino e invece non ti vedono neanche. A volte credi d'aver trovato qualcuno che cercavi e invece non hai trovato nessuno. Succede. E se non succede, è un miracolo. Ma i miracoli non durano. L’uomo può essere il capitano del suo destino, ma anche vittima della sua glicemia.
Nivea a volontà
Gratto. Gratto. Gratto, ma mi accorgo però che la cute che gratto non è più prurito, ma è diventato bruciore. Basta. Appoggio la spazzola sul comodino, altrimenti va a finire che compare il sangue emi tocca chiamare una infermiera. Con una spugna passo sul corpo acqua fisiologica e un pizzico di bicarbonato, i rimedi della nonna... cercando di lenire le parti più lese per poi darmi un poco di Nivea.
Del resto, il rapporto che ho con le creme, da il senso d'accesso alla solitudine, mentre una malattia immaginaria trovo che sia peggiore di una vera malattia. Continuando nel mio casino mentale, arrivo a pensare che ci sia tanta salute nella malattia, com'è vero che non è il medico ma un altro malato che riesce a capire la sofferenza di un altro malato.
Gli antistaminici 
sono acqua 
fresca. Solo il Cortisone metterebbe a tacer tutto, ma a causa di effetti collaterali talmente insopportabili che preferisco tenermi il prurito rinunciando al Cortisone e i suoi fuochi d’artificio. 
Passa il tempo. Non so quanto, intanto la scienza si consulta mentre il paziente può solo sopportare. 
Fu per questo, forse, che Sigmund Freud una volta disse: "Non si muore perché ci si ammala, ma ci si ammala perché fondamentalmente bisogna morire". Nulla di originale...
Un po’ dormo,
un po’ no.
Nel mezzo notturno, mangio un’arancia. Sono le quattro di notte o forse solo le tre e penso a Bowie e capisco ancora più profondamente che una generazione, con lui, se n’è andata per davvero. Penso a Gesù, l’unica risposta a tanta tribolazione. Pensieri anarchici, bakuniani, contestatori, ribelli e sovversivi, che sfiorano le meningi a 38 di febbre. Dormo un’oretta forse più.
La    sapienza
dei    malati
Sono le cinque e mi aspetto da un momento all’altro le luci del mattino e penso che tra un’ora, decisa, entrerà un’infermiera a prelevare un po’ di sangue da me e dal mio amico di camera, per vedere a che punto stanno i cd4 e la Viremia, e penso che gran parte di quello che i medici sanno è insegnato loro dai malati, consapevole del fatto che il miglior medico è colui che con più abilità sa infondere la speranza.
Diceva Jannacci, medico pure lui: "da medico ragiono esattamente così, la vita è sempre importante, non soltanto quando è attraente ed emozionante, ma anche se si presenta inerme e indifesa".
Come ho sempre pensato, ogni medico dovrebbe essere ricco di conoscenze e non soltanto di quelle che sono contenute nei libri, ma i suoi pazienti dovrebbero essere i suoi libri. In buona sostanza, la malattia è un conflitto tra la personalità di entrambi e le loro anime. Non solo. Si arriva, col passar degli anni, e decenni poi,  senza fare stupide e odiose apologie al suicidio, a pensare che la morte può essere una fonte di liberazione da una situazione che sai non potrà mai avere miglioramento, solo peggioramento.
Dallas Buyers Club: Matthew McConaughey dimagrito
e pallido nei panni Ron Woodroof, un malato di Aids
 Flebiti e farfalle
Mi metterà la “Farfalla”, un ago che s’infila nel braccio per non forare troppe volte la pelle e avere una via d’accesso costantemente pronta per gli aghi da dove passa tutta la chimica. E’ un condotto che mi porto attaccato alla perfezione al braccio per quattro o cinque giorni, per poi cambiarlo affinché non infetti la vena in questione. Che invenzione fantastica la “Farfalla”. Se non ci fosse saremmo pieni di flebiti, noi uomini spaventati. E quasi l’alba e l’infermiera di turno sta per iniziare il suo pellegrinaggio lungo la corsia. Eccola. Prima di vederla, vedo la luce al neon dell’anticamera, affinché troppa illuminazione non ci crei fastidio per noi esseri dormienti e stanchi di mille tempeste dove si sono persi senza domande. 
Buona notte a tutti
BUONGIORNO! E’ il caloroso saluto della nostra amica infermiera risposta è un po’ più sonnolenta e ciancicata. Si sente appena, impasticciata quanto mescolata a chissà quali sogni e speranze. E’ partita la giornata di un reparto per persone con malattie infettive e anche di più. La giornata passa, ritorna la notte, la storia e circa simile a quella precedente. Buona notte, ricomincia il calvario dopo una notte di merda e un giorno uguale.